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Paola Morelli

Cosa porto a casa

Pubblicato il . Sezione: Paola Morelli

E’ stato il viaggio più intenso e più forte che ho fatto, perché è stato un viaggio “dentro” l’Africa.
Nairobi con le sue strade supertrafficate, palazzi con dietro l’angolo lo slam, scoperto per caso per … un errore del taxista, Rose e le mamme di Babadogo, lo stage multietnico, la savana del parco di Amboseli e Watamu con le sue strade fiancheggiate da bancarelle con piccoli artigiani che all’occorrenza cuciono vestiti e sandali in poche ore, i suoi accompagnatori, le sue spiagge bianchissime piene di bimbi, con tutta la bellezza e le contraddizioni di questi luoghi.
La perla che mi porto nel cuore è l’incontro con Rose durante lo stage alla Shalom House: la sua forza e le sue mani. Lavorando con lei mi commuovo, avverto una vicinanza fortissima, dove la posizione sociale, la provenienza, il colore della pelle si annullano per lasciare spazio ad una verità antica, primordiale: l’incontro con l’altro passa attraverso l’anima ed il corpo. Una rivoluzione dentro di me.
E poi Babadogo e lo stage con le mamme. Il secondo giorno, a lavoro iniziato, entra nella sala una di loro: mi sembra pietrificata, immobile osserva il lavoro del gruppo e rimane così per tutto il tempo. Mi ricorda la mia mamma…
L’indomani, ultimo giorno, arriva con la sua bambina di 2 -3 anni disabile, che appena entra nella stanza si butta a terra battendo la testa. Mi avvicino per farla giocare con qualche pallina e con mia sorpresa mi allunga le sue piccole braccia. Dorme tranquilla in braccio quasi tutto il tempo, riscaldando il mio cuore… sottosopra. Ho negli occhi il lavoro finale: anche la sua mamma si muove e sorride, parte del gruppo.
Altra realtà che mi ha allargato mente e cuore è stato l’incontro, grazie alla disponibilità meravigliosa di Grace, con gli operatori di alcune ONG italiane che lavorano in luoghi diversi a Nairobi: mi ha dato speranza questa loro collaborazione.
Abbiamo visitato il bellissimo Neema Hospital dove lavorano Maria Vittoria (pediatra) e Lucia (Studi Internazionali) (Worlds’Friends). Lucia mi ha fatto partecipe di un progetto di ecografia (sonomobile) per il controllo delle donne in gravidanza sul territorio, e Maria Vittoria del dolore e impotenza che prova a volte di fronte ai bambini che non ce la fanno e del rapporto non sempre facile con i colleghi ginecologi: parlava la mia lingua in tutti i sensi.
La Casa Famiglia di Angelo (Lafricachiama) a ridosso di uno slam. Una vera CASA, piena di vita, di colori, di bambini, ragazzi e di cani… curatissimi, di strada anche loro. Ci ha offerto il caffè fatto con la moka!!, grato che quel giorno c’era l’acqua corrente.
Una sola cosa mi piacerebbe “portare”… nelle sale parto che ho visto (Neema Hospital e Health Center di Babadogo) non strumenti o attrezzature, quanto una libertà maggiore di movimento delle donne nel travaglio/parto che si esprime anche nella struttura stessa dell’ambiente. Mi ha colpito osservare che lì prevale il modello occidentale: lettino ginecologico separato dalla sala travaglio , poco colore, quasi che la medicalizzazione sia garanzia di sicurezza, quando in realtà la libertà di espressione e il monitoraggio del benessere materno-fetale possono coesistere e migliorare la qualità della nascita, come affermano OMS e UNICEF.
Per ora alcune colleghe e ostetriche del mio ospedale con cui ho parlato si sono illuminate…
L’altra notte ero di guardia: mi chiamano in ginecologia per controllare la medicazione di una paziente operata in prima giornata. Arrivo al letto e trovo una paziente africana: un sorriso bellissimo, pieno: a Trento non siamo abituati, e per un momento mi sento a casa.
Per finire, arrivata in casa dal viaggio trovo una lettera di una grande organizzazione internazionale che chiede un contributo generico per i bambini del Kenia, che soffrono la fame. La leggo tutta e alla fine la straccio: punta sul senso di colpa, noi europei ricchi che dobbiamo aiutare i bambini africani. Niente di più lontano dalla mia esperienza sul campo: personalmete ho ricevuto moltissimo e il vero aiuto non può non mettere al centro la relazione, solo così si cresce tutti insieme.

Paola
Trento, 10 febbraio 2019.

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